Il giorno seguente, Vercingetorige, dopo aver convocato il consiglio, spiega di aver intrapreso quella guerra non per le proprie necessità, ma per la libertà comune, e che, poiché bisognava arrendersi alla sorte, egli si metteva a loro disposizione per una qualsiasi delle due soluzioni, sia che volessero accontentare i Romani con la sua morte, sia che volessero consegnarlo da vivo. Riguardo a queste questioni vengono inviati gli ambasciatori a Cesare. (Egli) ordina che le armi siano consegnate e condotti i capi. Egli sta nella fortificazione di fronte all’accampamento, là vengono condotti i comandanti. Vercingetorige si arrende, vengono gettate le armi. Dopo aver messo da parte gli Edui e gli Arverni, (per vedere) se potesse riguadagnare, per mezzo di essi, le (rispettive) popolazioni, Cesare distribuisce gli altri prigionieri a tutto l’esercito, uno a testa, a titolo di bottino.
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